Tra le star della quattordicesima Festa del Cinema di Roma Fanny Ardant, protagonista di un “Incontro ravvicinato” col pubblico dell’Auditorium Parco della Musica, dove ha presentato “La Belle Epoque” di Nicolas Bedos, attualmente in sala dal 7 novembre.

70 anni di talento, fascino ed eleganza, musa di Truffaut, Scola e Resnais, nel film la grande attrice francese è Marianne, psicanalista e moglie di Victor (uno straordinario Daniele Auteil), fumettista disilluso e avverso alla tecnologia. Il rapporto tra i due è in crisi da tempo e la donna lo tradisce col suo migliore amico, convinta che Victor abbia perso l’entusiasmo e la passione di un tempo. Un giorno l’uomo riceve una proposta molto originale dall’imprenditore e regista Antoine (Guillarme Canet): poter tornare indietro nel tempo in un’epoca a propria scelta, attraverso una messinscena di impronta cinematografica. Decide così di rivivere il 14 maggio 1974, data in cui conobbe al cafè “La Belle Epoque” Marianne, interpretata sulla scena dall’affascinante Margot (Doria Tillier).

Approdato a Roma dopo il successo a Cannes, “La Belle Epoque” ha è stato uno dei titoli più acclamati della manifestazione capitolina, amato da pubblico e critica grazie alla sapiente alternanza di realtà e finzione e la riuscita descrizione psicologica e dei personaggi, tutti bisognosi di amore e comprensione, anche Margot e Antoine, coppia dal rapporto altalenante, speculare alla crisi di Marianne e Victor. Il film rappresenta un nuovo tassello del mosaico artistico di Bedos, regista teatrale e cinematografico ossessionato, per sua stessa ammissione, dai temi dell’erosione dei sentimenti e dalla distruzione dei ricordi, affrontati nel film con uno sguardo delicato e ottimista.

“La Belle Epoque” è un esempio di cinema intimista, fortemente ispirato ai grandi registi delle Nouvelle Vogue. A questo proposito, durante un’incontro con la stampa alla Festa del Cinema, abbiamo chiesto a Fanny Ardant come è cambiato il cinema negli ultimi quarant’anni:“Penso che si parli del cinema come del vino – ci ha detto - Ci sono annate belle e altre meno entusiasmanti. Il cinema è come il teatro, con autori che spariscono e rivivono. Oggi il cinema è diventato molto più un’industria che un’arte. E’ stata sottolineata più volte questa ambiguità del cinema di essere entrambe le cose e il pericolo maggiore arriva nel momento in cui l’industria prevarica sull’arte”.