"Vado via" - Fio Zanotti per Suggestioni Press

Marco Bonardelli

Fio Zanotti è uno dei più autorevoli compositori e arrangiatori della musica italiana e mondiale, nonché collaboratore di lungo corso di artisti del calibro di Zucchero, Renato Zero, Pooh, Ornella Vanoni, Ricchi e Poveri, Loredana Bertè, Claudio Baglioni e Adriano Celentano. Per quest’ultimo ha diretto l’orchestra e suonato negli album dal 1999 al 2007 e negli show campioni d’ascolti “Francamente me ne infischio”, “La situazione di mia sorella non è buona”, “125 milioni di ca…te” e “Rock Economy” . Ha partecipato a quasi tutte le edizioni di Sanremo, arrivando molte volte sul podio, tra cui nel 1989 e nel 1999 con Anna Oxa e nel 2010, tra le Nuove Proposte, con Tony Maiello. Suo l’arrangiamento di “Và”, l’inno di Torino 2006 scritto e cantato d Claudio Baglioni. A “Suggestioni Press” il musicista bolognese racconta la sua recente collaborazione con i Mosaiko per “Vado via”, primo singolo della band siculo-calabrese, nata col nome Indie Project, per l’etichetta cosentina Fonosud, da venerdì scorso in rotazione radiofonica e scaricabile sulle principali piattaforme digitali. Con Zanotti abbiamo ricordato anche la sua esperienza all’Eurovision Song Contest del 1985, in vista della sessantaquattresima edizione della manifestazione canora che si terrà il mese prossimo a Tel Aviv.

Come è nata la collaborazione con la band?

“E’ stata assolutamente d’istinto. Mi hanno inviato una demo e sono rimasto incuriosito soprattutto dalla loro provenienza regionale: l’amata Calabria. Avrei voluto che salissero in studio da me, montassero gli strumenti e iniziassero a suonare per capire con chi avevo a che fare, ma questo era molto complesso da realizzare. Così, istintivamente, ho preso l’aereo e sono sceso io da loro, perché avevano una location con gli strumenti già montati. Una volta a Cosenza, dopo aver mangiato alcuni deliziosi piatti locali, siamo andati in studio e lì hanno cominciato a suonare. Da quel momento ho capito che c’era qualcosa di interessante nella loro musica e ho accettato di collaborare alla realizzazione del brano. A un certo punto della lavorazione mi ero reso conto che qualcosa non funziona, perché in un passaggio del brano mancava una parte che doveva essere cantata da loro o realizzata con uno strumento particolare. Gliela incido con la mia voce, e loro rimangono impressionati dal timbro al punto da chiedermi di lasciare quella incisione. Lì per lì dico di no, ma poi, visto che piaceva anche a me, decidemmo di lasciarla. E’ nato così “Vado via”, pezzo con sonorità molto particolari, in cui si danno la mano l’elettronica e lo strumento tradizionale. E’ un tipo di unione che rappresenta il modo migliore di far emergere una canzone, dal momento che c’è più anima. Da questa prima collaborazione potrebbero nascere altri progetti interessanti. Mi entusiasma particolarmente che i Mosaiko abitino in quella particolare regione, perché è una terra di forti emozioni e credo si possa fare tanto. Sono sceso anche per il videoclip, perché volevo fare una cosa in mezzo alle nuvole e così è stato: grande casino e poi tutto immerso nella magia in cui è nato il brano”.

Il brano è dedicato a Totò, il Principe della Risata, uno dei più grandi comici di sempre…

“Sono affascinato da uno dei più grandi artisti che l’Italia abbia mai avuto e forse non avrà più. Sinceramente non pensavo a Totò durante la realizzazione; poi mi è stato ripetuto più volte “quello è un campione del grande Totò”. Per come è stato messo potrebbe trattarsi di un rapper; infatti è stato usato come un rapper in attualità. Ma era importante far capire bene che si trattava di lui, perchè c’è sempre una liaison tra ciò che è stato e ciò che può essere. Ho partecipato da poco a un dibattito con politici, giornalisti e gente di cultura sulla comunicazione, sostenendo che non ci può essere futuro se non si studia bene il passato. Secondo me Totò è un attore modernissimo, che oggi farebbe furore. Ai giorni nostri manca una figura del genere, capace anche di improvvisare; perché De Curtis era uno dei più grandi improvvisatori in assoluto e si faceva aiutare da spalle bravissime. Questo me l’ha detto il grande Adriano Celentano”.

Dal momento che ci stiamo avvicinando all’Eurovision Song Contest, vorrei ricordare la tua esperienza di direttore d’orchestra per il brano “Magic oh magic” di Al Bano e Romina Power nell’edizione del 1985.

“E’ un momento che ho nel cuore. “Magic oh magic” ogni tanto lo ricantiamo assieme io e Al Bano quando ci vediamo, ed è un ottimo brano che aveva già allora sonorità di oggi. Quando lo riascolto sento un groove attualissimo. Fu un’esperienza straordinaria, perché entrai nello staff della Baby Records grazie al grandissimo Freddy Naggiar, che mi volle con lui sotto contratto esclusivo: lavoravo solo per lui, come si fa negli Stati Uniti. Feci un sacco di dischi sotto la sua ala, lavori importanti come “Donne” di Zucchero, un album bellissimo con Glibert Montagnér, il grande Peppino Di Capri, “Voules vous danser” dei Ricchi e Poveri e “Catch the fox”, un mio pezzo cantato da Den Harrow, che ancora si ascolta in giro. Pensa quindi in quel periodo cosa stava accadendo! Per “Magic oh magic” prima è stato fatto il lavoro in studio con ottimi risultati e abbiamo rifatto l’incisione due volte, perché Al Bano si era accorto che poteva migliorarlo alzando il brano di un semitono e io lo l’ho assecondato volentieri. Non è come oggi che basta spingere un bottone e il brano si alza di un semitono senza perdere di qualità….. Una volta finito il brano in studio alla Baby Records scrissi l’arrangiamento per l’Eurofestival. Arrivati lì, ci guardavano un po’ di traverso, perché eravamo in ritardo e in quel periodo l’Italia non era molto considerata. Infatti iniziammo le prove con un’atmosfera abbastanza strana. Ricordo che il pezzo venne bene alla prima esecuzione e il direttore della manifestazione ci fece subito i complimenti. Quell’anno Al Bano e Romina si piazzarono bene, e da allora sono rimasto molto amico con entrambi. Eravamo a Goteborg, in Svezia, luogo bellissimo, molto freddo, ma con paesaggi meravigliosi. L’organizzazione era molto professionale e attenta a fare le cose per bene. Ricordo che io feci la richiesta di un Prophet-5, perché c’era da suonare una parte dove si apriva e si chiudeva il famoso cut-off. Sono stati bravi perché presero ciò che mi serviva e il tastierista eseguì esattamente quello che c’era scritto sulla mia partitura. Rimasi molto colpito da questa professionalità”.

Secondo te come è cambiato l’Eurovision rispetto ad allora?

“Non ho tempo di guardare la televisione perché lavoro tantissimo, ma credo che contest del genere debbano essere fatti con la grande orchestra, non possono essere realizzati in playback. Quindi secondo me ci ha perso. In una manifestazione di questo tipo bisogna capire quali brani si possono fare ugualmente in playback, ma la grande orchestra deve essere a disposizione, perché hai una superband come base e una grande orchestra se ben organizzata. E’ un grande valore aggiunto averla ma anche saperla scrivere, perché oggi purtroppo non tutti coloro che fanno questo mestiere riescono a scrivere correttamente alcune partiture”.

Oggi sembra più un grande show televisivo che un Sanremo continentale. Non a caso nacque da un’intuizione di Sergio Pugliese all’Unione Europea di Radiodiffusione, che suggerì una gara di canzoni sul modello del festival….

“Come noi dobbiamo difendere a spada tratta Sanremo, punta di diamante della musica italiana, l’Eurovision deve essere la punta di diamante della musica europea se non mondiale e ultimamente non è così. Ci sono cose che non rimangono; è un discorso molto più ampio che andrebbe fatto partendo dalla base, quindi dalla composizione e da come ci si propone. Ultimamente sto producendo una grandissima artista russa, Vika Tsyganova, e sto ricevendo immense soddisfazioni. La Russia è un paese straordinario che sa accettare la cultura anche fuori dai propri confini. Quando sentono cose belle vanno giù di testa. E’ un’esperienza appagante perché fai quello ti pare e quando ciò che fai arriva a te, arriva anche agli altri”.

Cosa ne pensi di Mahmood che dopo la vittoria a Sanremo ci rappresenterà quest’anno alla manifestazione?

“Di Mahmood penso molto bene perché è un bravissimo cantante. Il brano di Sanremo è ben confezionato. Ma per me questo momento storico di grande transizione anche musicale ed è un pezzo che accetto. Non so se sia il massimo che possa fare perché non ho il piacere di conoscerlo, però di sicuro ha un buon timbro e possiede diverse soluzioni vocali. Mi piacerebbe sentirlo in altri brani per capire dove può arrivare. Essendo io un tifoso della bella musica, gli do credito e voglio vedere se oltre a questo riesce a darmi delle emozioni per poter dire “finalmente un nuovo artista che può fare strada”. Se si fermasse qua sarebbe un peccato”.